Coniglietti programmati con oltre un giorno di anticipo, perché fino a domenica sera non sarò a casa. Anche i commenti non verranno approvati prima di domenica sera.
Sapete cosa mi piace dei conigli? La conigliosità, il loro essere conigli in quanto conigli. Non si può descrivere il coniglio con i soli termini che lo compongono, non è solo graziosità, peli ed espressione da tonno spiaggiato o altro, è un qualcosa di più rispetto alla somma delle componenti. È coniglioso.
Noi analizziamo i sapori basandoci su cinque gusti: dolce, salato, amaro, QUATTRO e acido (ho escluso un sapore extra, il metallico, perché non è così fondamentale o accettato). Su questi gusti, per dire, si basa la terza fase dell’analisi di un vino, quella gusto-olfattiva. Per i giapponesi si aggiunge un ulteriore sapore fondamentale (scoperto nel 1908 da Kikunae Ikeda), l’umami: un sapore legato al glutammato, al dado da brodo, che indica una sensazione di saporito. Per noi occidentali l’umami è scomponibile nelle sue componenti usando gli altri sapori. Non c’è bisogno di chiamarlo apposta con un altro nome visto che è approssimabile come l’interazione di altri due. O forse no?
Da quando quel termine è stato accettato dalla comunità scientifica nel 1985 (quando si identificò il recettore specifico di quel sapore, chiarendo definitivamente che si tratta di un sapore primario), e in particolare negli ultimi anni, l’idea che possa fare comodo indicare a parte l’umami sta prendendo piede anche in Occidente perché quel nome aiuta a indicare qualcosa di più rispetto agli altri sapori: una complessità aggiuntiva che esalta il gusto. In Giappone l’uso del glutammato affianca da tempo quello del sale: noi mettiamo un pizzico di sale per rafforzare il sapore dei dolci e allo stesso modo loro, in più, hanno in cucina il glutammato per esaltare certi alimenti. Parentesi storica: i giapponesi hanno iniziato a usarlo nel 1909, quando il glutammato monosodico venne commercializzato come Aji-no-moto (che dovrebbe significare qualcosa come “essenza di gusto”).
L’umami però non riguarda la degustazione dei vini, visto che fino ad ora nessun disciplinare fa ottenere vini con sentori di dado da brodo. Ma non si sa mai: un giorno la UE potrebbe decidere che il vino è “una bevanda fermentata a partire dall’uva oppure dal brodo di manzo addizionato di zucchero”. Chissà…
Cosa volevo dire parlando di umami? Semplice: anche il coniglio è qualcosa in più, come l’umami, e non si può descrivere davvero la conigliosità senza dire quanto è coniglioso. Il suo essere coniglioso esalta la graziosità, il pelo, il suo muovere il nasino e giocare con i tappi delle bottiglie. Un altro animaletto peloso molto simile, ma non coniglioso, mancherebbe di quello stesso impatto complessivo.
Nel coniglioso vi sono molti conigli diversi e oggi ve ne voglio presentare due completamente differenti: un coniglio aggressivo, che grugnisce e morde, e un batuffolino giocherellone che fa a pezzi la carta igienica. Entrambi conigliosissimi nella loro diversità.

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Fonti:
http://www.youtube.com/watch?v=tkVemG9ANjA
http://www.youtube.com/watch?v=z3sAPBI8ebE
 

4 Replies to “I Coniglietti del Venerdì (111)”

  1. Lo stesso Quine (ripreso poi da Pinker) metteva l’accento sul fatto che il Gavagai delle battute di caccia veniva immediatamente riconosciuto, anche da un osservatore esterno al linguaggio, come “coniglio”; escludendo tutta una serie di significati comunque validi (come ad esempio parti ancora da cucinare di coniglio, c’è della coniglità , generatore di impronte di coniglio o coniglia nell’accezione di evento temporale come adesempio quando diciamo “piove!”).
    Merito del mentalese oppure ci troviamo dinazi a una grande mistificazione storica dove l’intera teoria del linguaggio è in realtà un falso e il merito di riconoscere il Gavagai va alla pucciosità dei conigli più che al nostro cervello?
    Propendo per la seconda.

  2. Ciao Duca. Ricordo che qualche tempo fa si parlò di Dishonored, ora che è uscito hai poi avuto occasione di provarlo? se si cosa ne pensi?
    Io l’ho giocato e mi è piaciuto molto. All’inizio sono rimasto spiazzato dalla libertà d’azione, salvavo e caricavo in continuazione per esplorare tutto quello che il gioco ha da offrire. Cercavo di borseggiare tutte le guardie, di non ucciderne nessuna ecc. ma proprio per questo mi sono stufato presto. Ora lo sto rigiocando seguendo una precisa linea d’azione, senza pretendere di fare tutto e ci sto guadagnando in divertimento. La storia non si distingue molto ma l’atmosfera in compenso è molto particolare, specialmente per via dei “Tally Boy” (se non li conosci ti invito a Googolare): l’idea dei trampoli mi è parsa molto originale. L’unica pecca forse è la limitatezza degli incantesimi.Poi alla fine il tutto non mi è sembrato di uno Steampunk (o whalepunk) così marcato, piuttosto un accenno di classe qua e la (però mi sarebbe piaciuto vedere qualcosa di volante, o un livello su una baleniera).

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