Con questo articolo apro una nuova sezione dedicata all’enogastronomia.
Da alcuni mesi ho iniziato a interessarmi ai vini, in particolare agli spumanti. Da quando ho cominciato a interessarmi e a studiare, sia da solo (leggendo libri dedicati, seguendo siti di settore, comprando bottiglie da provare e frequentando degustazioni) che tramite il corso organizzato da AIS Lombardia, di cui parlerò in un post futuro, mi è capitato più volte di dare indicazioni per gli acquisti agli amici, in base ai gusti che riuscivo a decifrare chiedendo i frutti preferiti e ai vini che avevo potuto assaggiare per potermi orientare di prima persona su “cosa sa/odora di cosa”.

Gewürztraminer: di norma sa di litchi (foto) al naso e in bocca, ma se non avete mai assaggiato i litchi una buona descrizione è “qualcosa di delicato e dolce, a metà tra una banana e una pesca gialla”. Può ricordare un po’ anche l’ananas. In bocca è spesso un vino morbido, che scorre come una carezza vellutata, con una illusione di dolcezza senza essere dolce.

Non ho mai suggerito prodotti che non avessi provato o che non fossero dello stesso tipo di quello provato, nel caso di vini con certe caratteristiche aromatiche tipiche del vitigno “sicure”, come in un Passito di Pantelleria, in un Moscato Spumante o in un Gewürztraminer. Il problema principale è che consigliare grandi vini o comunque ottimi vini di un certo tipo è facile se si possono spendere 20-30 euro, così magari consiglio direttamente quelli provati con gran piacere al corso (quasi 40 tra vini fermi e spumanti), ma se si tratta di consigliare vini con un prezzo più normale, magari ad amici in ristrettezze economiche, bisogna trovare ciò che non solo è buono, ma che costi meno di quanto vale. Discorso valido anche per me, perché anche se non ho problemi economici non ho nemmeno il denaro che mi esce dal sedere. Sfortunatamente la Ginecologia Morale è una scienza difficile in cui affermarsi!
Non è facile consigliare. Di vini sugli 8-10 euro buoni ce ne sono tanti (quasi tutti) e perfino alcuni molto buoni. Come disse un professore al corso: un 8-10 euro deve essere buono, ma se è fine è meglio, mentre un vino a 30 euro “se non è fine mi incazzo” (cit.). Però se scendiamo verso le fasce di prezzo più comunemente acquistate (1-3 euro), talvolta le uniche presenti in supermercati più orientati ai prezzi economici, di vini mediocri appena bevibili ce ne sono tanti anche senza scomodare il Ronco nel cartone pastorizzato a 90 gradi.
Se uno compra una dama di vino normale da 0,60 euro al litro, quando il latte fresco (che si produce in un giorno, mentre il vino in un anno) ne costa 1-1,60, sa di trovarsi davanti un prodottaccio che ha subito così tanti compromessi di produzione e allevamento della vite da essere “consumabile solo dopo la cottura”, come acqua di un torrente con la carcassa dentro. A cuocerlo invece va benissimo, ma per cuocere il cibo nel vino va bene anche un avanzo di bottiglia che si è ossidato dopo una settimana (ecco: non scolateli nel lavandino se li fate rovinare, usateli per cucinare la carne al posto dell’olio).

Ronco San Crispino: contro un vino ossidato dopo due settimane dall’apertura, vince. Con i vini sani meglio non competere. E vi invito ad ammirare le confezioni mini da 0,25 stile succo di frutta: meravigliose!

Però se uno compra un vino o uno spumante a 3-6 euro, quindi un prezzo ben superiore, non sa mai cosa potrà trovarsi. Di norma i vini veri ormai non sono mai “cattivi”, a meno di guasto della bottiglia stessa, grazie all’evoluzione raggiunta nel settore, però rimane il dubbio: sarà passabile o sarà buono? Sarà più che buono? È passabile, ma proprio non fa per me questo tipo di vino?
Se l’amico chiede “Consigliami un rosso decente, per portarlo a pranzo da un amico” cosa dirgli che sia facile da trovare, sia un prodotto che piace a molti e costi poco? Ormai lo so: se l’unico parametro è questo, un bel Nero d’Avola del siciliano Rapitalà: un vino che riscuote sempre più successo di un produttore che tiene al proprio nome e mantiene bassi i prezzi senza sacrificare troppo la qualità.
Natale e Capodanno, quando gli italiani fanno “pop”.
Capisco lo smarrimento di chi si trova a guardare vini le cui etichette non dicono nulla, o dicono perfino cose sbagliate (certi vini dolci spacciati come “a tutto pasto”), pieni di nomi che non significano nulla a chi non li conosce “di assaggio”. Dolce? Brut? Moscato? Cuvée? Trento Doc o Franciacorta Docg? Ci si trova a guardare un moscato spumante dolce Duchessa Lia a 2,59 euro e a fianco un Asti Docg spumante dolce di Martini & Rossi a 4,29 euro e chiedersi: cosa cavolo cambia? Butto solo un euro e mezzo in più o li merita? Idem di fronte a un Brachetto d’Acqui Araldica in offerta col 50% di sconto, crollato da 9,90 euro a 4,95 euro: sarà buono o lo sconto è sospetto? E quante offerte di prosecchi e di spumanti brut!

Moscato dolce di “Duchessa Lia”, Asti Docg spumante dolce di “Martini & Rossi”, Moscato spumante dolce di “La Versa”: chi è il terzo incomodo dozzinale accanto a due ottimi prodotti economici?

Se per scegliere la bottiglia di Capodanno ancora c’è tempo, per Natale ormai mancano 24 ore. Cosa comprare oggi da abbinare al panettone o in generale ai dolci per il cenone o per il pranzo di domani? Io dico, e sarò ottocentesco nel dirlo, che a Natale, col dolce, ci vuole uno spumante dolce. Magari di quel vitigno aromatico che tanto ha dato alla storia spumantistica del Piemonte, il moscato bianco. Anzi, un bello spumante dolce fa allegria e accompagna tutto il periodo natalizio.
Chissà quante fanciulle, nelle case addobbate a festa, lasciano scorrazzare e giocare i coniglietti per le stanze, senza badare nel clima festoso alle buone maniere e senza assillarli con lo studio, magari prendendoli in grembo e imboccandoli a merenda con crema Chantilly, facendo loro sorseggiare un dito di moscato spumante dolce dolce per poi guardarli mentre leccano fino all’ultima goccia nel bicchiere e fanno saettare la linguetta sui baffi, tutti felici.
Ecco i miei consigli da supermercato: Moscato spumante dolce La Versa e Asti Docg spumante dolce “Sigillo Blu” Martini & Rossi. Due prodotti diversi che meritano entrambi di essere provati. Si trovano entrambi a prezzo contenuto: meno di 5 euro a prezzo pieno, meno di 4 euro con le offerte natalizie (mi pare 3,59 l’Asti Docg e 3,79 il Moscato). Cercherò di trasmettere le sensazioni in termini che siano il più possibile comprensibili soprattutto a chi non beve mai o quasi mai: chi beve li conoscerà già di certo o saprà inquadrarli a priori senza problemi.
Tra i due il mio preferito è il Martini. Più complesso e intenso del La Versa, più ricco di sensazioni, seppure simile (quasi indistinguibile al degustatore occasionale) grazie al grande vitigno da cui nasce e al metodo Martinotti (fermentazione in autoclave) che valorizza al meglio i sapori del moscato bianco spumantizzato.
Il Sigillo Blu è uno spumante con un bel colore più dorato che paglierino, luminoso, cristallino, in cui si riflettono bene le luci. Il perlage, ovvero le bollicine, sono numerose e durano per parecchi minuti, anche se la grana non è straordinariamente fine: un buon mix di piccole bolle e bolle a punta di spillo, in gioiose catene. Ora il punto forte, l’aroma: di buona intensità e con un bouquet abbastanza complesso, che si apre con eleganza e finezza facendo provare in sequenza blandi sentori floreali generici con una punta di agrume, il fruttato tra la banana e la pesca (facilmente percettibile) e quella nota erbacea di sfondo del vitigno aromatico che non so mai definire con certezza “salvia” o “muschiato”.
A berlo non scalda molto come alcool (7,5% appena, è leggero), ma ha una bella morbidezza e densità minerale, direi “cremoso” come se si aprisse appena passate le labbra in una larga spuma che invade e accarezza il palato. È dolce senza essere troppo dolce: adatto a chi ha gusti ottocenteschi, ma senza il rischio di offendere il palato delle persone più normali. In più è fresco, ovvero dotato di acidi quanto basta a stimolare bene la salivazione. Quando si ingoia arriva una punta amara di mandorla, la nota finale che con un cambio repentino, seppur lieve, dalla dolcezza all’amaro dona un tocco di serietà e di complessità. Molto apprezzata!

Le bollicine del Moscato “La Versa”, alcuni minuti dopo averlo versato.

Passiamo al Moscato spumante dolce di La Versa.
Da il classico moscato bianco spumantizzato piemontese del consorzio Asti, eccoci alla sua versione dell’Oltrepo’ pavese, da una cantina seria e famosa come La Versa.
Cosa dire se non che è un prodotto altrettanto valido, pur con la sua diversità?
Il giallo paglierino è tenue e cristallino, quasi trasparente come un velo, privo dei riflessi dorati precedenti. La spuma forma belle catene lunghe e non prive di alcune bollicine a punta di spillo che durano parecchi minuti dopo averlo versato (credo dieci almeno, poi l’ho bevuto). Punto forte la spuma: dura pochi secondi meravigliosi in cui forma una crema bianca, densa, che si dissolve assumendo rotondità da nuvola. Da ammirare.
Al naso somiglia all’altro moscato: l’erbaceo del muschiato tendente alla salvia, i fiori bianchi generici che dominano sul fruttato, dando una sensazione in cui i ricordi di tenue pesca e banana (quasi litchi?) sembrano più parte dell’aroma floreale che non indipendenti, il tutto coronato da un sentore agrumato di fiori d’arancio che ho faticato a riconoscere per via della mia inesperienza, ma quando l’ho scoperto poi è stato sufficientemente chiaro al naso. Questo maggiore sentore d’arancio pare dipenda dal moscato bianco locale, che ha questa sfumatura ulteriore rispetto al tipico moscato piemontese. Sfumatura deliziosa, a mio avviso.

La spuma del Moscato “La Versa” appena versato, ben 24 ore dopo l’apertura.

Dolce in bocca, ma come nell’altro caso è un dolce che si sente bene senza essere eccessivo (100 grammi di zucchero per litro, come nelle classiche bevande gassate). Molto lontano dallo stucchevole. Domina su tutto la morbidezza, la cremosità di un vino ampio che si apre in bocca e la invade con gioia. Le molte bollicine visibili, avvolte nella dolcezza, nella morbidezza, nella buona mineralità, diventano appena un gentile solletico sulla lingua. Per chi ama bollicine un po’ più forti, ma pur sempre delicate, meglio il Sigillo Blu precedente. Nessuna nota finale: dolce inizia, floreale e un po’ fruttato, e dolce finisce.
Altra pecca rispetto al Sigillo Blu: l’intensità dei profumi è inferiore e questo è un peccato, data la buona complessità e la più che adeguata eleganza.
E ora la pecora nera.
Ahimè, ora l’inglorioso confronto con il moscato spumante dolce di Duchessa Lia (2,59 euro), marchio che mi faceva simpatia a priori e che comunque non fa schifo, ma per neanche due euro in più è meglio comprare bottiglie ben superiori!
Colore giallo paglierino, meno cristallino degli altri due, ma comunque adeguato.
Il profumo è più intenso e aggressivo che nell’Asti, ma è meno fine e complesso: è come una ragazza di strada, mezza nuda, che avanza spingendo su il seno con le mani, mentre le altre due erano graziose signorine abbottonate fino al collo che sorridevano timidamente. Domina su tutto una sensazione di frutta esotica (banana?) abbinata alla pesca, con dei fiori gialli sullo sfondo. Erbaceo o altri aromi, non pervenuti. Potrebbe essere un succo di frutta frizzante alcolizzato.
Spuma e bollicine ci sono, ma niente che meriti una nota positiva particolare. In bocca è dolce, molto poco caldo (6,5% di alcool, leggero), morbido, non altrettanto fresco quanto l’Asti e molto meno minerale/sapido di entrambi. Meno consistente, più “acquoso”, per capirci. Probabilmente dipende dai compromessi di produzione che hanno privilegiato il numero di grappoli e acini rispetto alla densità di sostanze estratte dal terreno per singolo acino.
Uno spumante di struttura debole, meglio al naso che in bocca, dotato di una semplicità estrema e di un dolcezza troppo dominante che fanno stancare in fretta. Un calice l’ho bevuto volentieri e ho pensato che ne avrei bevuto volentieri un altro a sera, ma non mi veniva voglia di berlo subito. Con i due precedenti mi sarei scolato in allegria una magnum senza battere ciglio (e chiedendo magari una jeroboam da 3 litri per la volta dopo).
Non vi perdete niente a non provarlo.
Felice Natale e auguri con una coppa di Asti spumante!
 

21 Replies to “Due spumanti dolci a pochi euro per Natale”

  1. Mitico, ora ci aspettiamo un post vinicolo a settimana assieme ai coniglietti!Anche io non avrei mai detto che l’intruso sarebbe stato il duchessa lia, mi capita ogni tanto di comprare del barbera, freisa o grignolino e non li trovo malaccio, come rapporto qualita’/prezzo s’intende….Bruci san crispino e il suo formato stile latte in tetrapak per la merenda delle 10 a scuola, fa ribrezzo e lo trovo diseducativo.
    Un lurkatore timido

  2. Il moscato spumante dolce Duchessa Lia non è cattivo, anzi, solo che ha un giusto rapporto qualità prezzo: per 2,59 euro aspettarsi di più è ottimismo/concessione inaspettata.
    A mio avviso è comunque meglio lui, ma è questione di gusto più che di qualità reale, temo, rispetto al Pinot di Pinot Brut Gancia a 4,90 euro.
    Sfigura solo di fronte a quei due concorrenti straordinari da 4 euro scarsi che potrebbero benissimo chiederne 7 o 8 e nessuno batterebbe ciglio visto che sono buoni prodotti in generale che divengono ottimi/eccellenti rapportandoli al prezzo che hanno.
    Di Duchessa Lia sono curioso di provare il Brachetto d’Acqui, altro vino che amo per via del pronunciatissimo sentore di fragola al naso e in bocca. Ho visto che lo vendono sopra i 7 euro e che hanno già un prodotto economico dal sapore fragoloso a prezzo bassissimo (il “fragolino”, vino aromatizzato), per cui sono fiducioso che questo Brachetto sia invece un prodotto di target superiore in grado di competere con il buon Araldica.

  3. Ecco… niente contro i conigli o i tromboni ad avancarica, per carità, ma questa è una rubrica che seguirò con particolare attenzione. Sai mai che ne tragga vantaggio per le mie scorribande in terra di Langa. Approvo la deriva alcolica di Baionette!

  4. Bella l’Alta Langa Docg, ma sono ignorantissimo al momento!
    Sono indeciso se fare un post prima del Capodanno, perché a Capodanno tipicamente si stappa col botto (una delle poche situazioni in cui non è considerato mancanza di buone maniere), nel casino generale, con odori, sapori e suoni che fanno di tutto per ammazzare le potenzialità di un buon vino e le bottiglie scelte con cura finirebbero sprecate.
    Vorrei provare a gennaio due Trento Doc di Cesarini Sforza, ho in casa un Brut millesimato e il Rosé, magari mettendoli nello stesso articolo del Franciacorta Docg Cuvée Imperiale Max Rosé di Berlucchi nel caso ci siano differenze rilevanti da far notare.
    Anche se ero tentato di abbinare il Max Rosé a un articolo tutto “in rosa” assieme al Villa Demisec che ho apprezzato moltissimo (dovrò ringraziare appena la rivedo la commessa dell’enoteca che me lo ha consigliato caldamente) e a un altro rosato diverso. Magari uno low cost come il Pinot di Pinot Gancia, per fare una scalata di prezzi: molto basso (4,90) – medio-basso (10,80) – medio (22).
    Per altre opzioni dovrò pensarci. Bottiglie ne ho già parecchie, ma dipende da che idee mi vengono quando li assaggio, se mi si accende qualcosa per avere un motivo per parlarne.
    D’altronde là fuori ci sono tanti esperti di vino molto bravi che scrivono articoli rivolti anche al grande pubblico, come Franco Ziliani o Chiara Giovoni, e se loro come competenze sono gli Heinlein, Finney, Matheson del settore, io sono la Strazzulla.

  5. Io in generale come gusti mi sono sempre indirizzato sui rossi fermi, a prevalenza piemontese e toscana. Ma il vino in generale è un universo che mi affascina molto (benché vasto ai limiti dello sterminato), quindi seguirò con piacere qualunque tipo di articolo.

    se loro come competenze sono gli Heinlein, Finney, Matheson del settore, io sono la Strazzulla

    D’oh… >_<

  6. Per altre opzioni dovrò pensarci. Bottiglie ne ho già parecchie, ma dipende da che idee mi vengono quando li assaggio, se mi si accende qualcosa per avere un motivo per parlarne

    Causa intolleranze al vino in famiglia da anni siamo soliti brindare con birra d’Abbazia. La bottiglia da 75 cc e la presenza del tappo in sughero con la sua bella gabbietta di metallo garantiscono un brindisi degno di questo nome e relativo botto. Per quanto riguarda lo sciabolamento non saprei dire…Chi vuole provare?
    Per Natale, quindi una forte Westmalle Triple.
    Per Capodanno, se è già matura, assaggerò una mia autoprodotta e autarchica birra fatta in casa.
    Auguri a tutti e al grande Duca.

  7. Buone le birre artigianali.
    Ho degustato tre Elav a Pianeta GourMarte ed erano fantastiche, cremose, dense, saporite. Una, ma ho dimenticato il nome, sapeva di frutto della passione, fiori e mi pare un finale dolciamarognolo-caramellato, poi c’era la nera che aveva note di tostature importanti con ricordi di cioccolato, mi pare.
    Non sono sicurissimo, ho fatto l’errore di non scrivermi gli appunti al ritorno a casa (dopo 6 ore piene di giri e degustazioni ero troppo stanco).
    Proprio buone, tutte e tre, ma quella dai sapori fruttati tropicali mi ha affascinato. Non vedo l’ora di andare al Clock Tower di Treviglio a provarne altre.

    Per Capodanno, se è già matura, assaggerò una mia autoprodotta e autarchica birra fatta in casa.

    Fammi sapere com’è!
    E la birra di banane in stile Ugandese l’hai mai fatta? Si dovrebbe poter fare in alta fermentazione senza particolari difficoltà. Ha quel fascino negro che mi stuzzica, ero tentato di provare a farla (quella e un idromele al limite tra dolce e stucchevole).

  8. Ora che conosco questa tua nuova passione, la prossima volta che risalgo in Langobardia Maior, mi faccio dare da mio padre il Clinton così te ne porto una bottiglia. Egli lo produce in casa a livello familiare, sia perchè il vigneto di famiglia è piccolo, sia perchè è vietato fare altrimenti.
    Ti avverto che il sapore è aspro e molto forte, dà subito alla testa per chi non è abituato. Ma se vuoi essere davvero esperto di vini, devi assolutamente assaggiare questo dinosauro prima che si estingua del tutto. Qui in Sardegna per esempio nemmeno ne hanno mai sentito parlare.
    è con gli scarti di quel vino che mio padre ha prodotto la grappa che ti ho portato la volta scorsa. Grappa fatta in casa, con tutte le norme igieniche violate. Ma è proprio quel sapore di ratto che dava il retrogusto vincente assieme all’aroma di anice. ^_^ Condivio la gioia per la deriva alcolica di Baionette, sono ‘gnorante di vini e consigli su cosa offrire a cena sono sempre ben accetti.

  9. Che ne pensi della birra aromatizzata allo zenzero?Nell’inghilterra ottocentesca era molto apprezzata, in italia non sono proprio riuscito a trovarla…Se avete dritte in merito, ordinarle presso shop esteri equivale a svenarsi..

  10. E la birra di banane in stile Ugandese l’hai mai fatta?

    La Pombe, ne ho sentito parlare. Non avendola mai assaggiata, però, devo trovare una ricetta attendibile e forse anche lieviti particolari. Mio informo e provo.

    Non vedo l’ora di andare al Clock Tower di Treviglio a provarne altre.

    Tra l’altro è il periodo giusto per le ottime e aromatiche “Birre di Natale”.
    Alla salute.

  11. Che ne pensi della birra aromatizzata allo zenzero?

    Mai provata!
    Flaza?
    In questi mesi mi prima mi ero concentrato sui vini fermi, coi vini e vitigni più comunemente consumati, per farmi un ABC di assaggi di prodotti a prezzo contenuto, presenti nella GDO, insomma roba che potrei trovarmi a voler consigliare a un amico che NON andrebbe in enoteca: merlot in purezza, mix di cabernet e syrah, chardonnay, Sangiovese, Primitivo del Salento -no, non è Giuseppe Simone né DagoRed-, Nero d’Avola, Vermentino di Sardegna, Chianti, Sassella Valtellina Superiore -molto buono e di prezzo contenuto quello del grande Nino Negri-, Morellino di Scansano, Sforzato di Valtellina, Valcalepio ecc…
    Finita questa primissima fase, sono passato a inizio dicembre a dedicarmi solo ai vini spumanti (in realtà principalmente Franciacorta Docg, per ora), la mia passione originaria.
    Le birre sono interessantissime e ho amato molto la dolcissima Bloemenbier, come altre che avevo provato in passato senza poterle degustare al meglio, ma non ho ancora i soldi (sto spendendo il budget dei vini in spumanti e prevedo di proseguire così fino a marzo!) o il tempo per concentrarmici andando in locali con carte delle birre abbondanti.
    Spero per febbraio o marzo di fare un salto per provare qualcosa di interessante al Clock! Con 400 birre sulla carta, impiegherò un’ora solo a sfogliare e poi andrò nel panico… d’altronde se guido io mica posso sfondarmi… ci sarebbe da trovare un amico astemio disposto a venire ugualmente, magari uno con l’auto aziendale disponibile così nemmeno spende di proprio il carburante (Niaven portami o ti ammazzo). ^_^””

  12. Interessante il Clinton, piede franco americano. Conoscevo il nome, grazie a questo articolo di Edoardo Mori trovato cercando informazioni sul vino fragolino “vero” (quello da uva fragola, pure lui illegale ora, che non c’entra con i prodotti a base di vino aromatizzato alla fragola):
    http://www.earmi.it/ricette/fragolino.htm
    I tannini troppo forti non mi piacciono, ma forse è colpa dei tannini del legno più che dell’uva (avendo avuto problemi sempre con rossi aspretti che avevano fatto botte), però non saprei dire con sicurezza… ma lo proverò volentieri.
    Pensa che quando sono andato alla degustazione di Brunello di Montalcino i miei preferiti erano due: il Rosso di Montalcino (più giovane e meno tannico) e i Brunello di Montalcino un po’ più vecchi (perché i tannini del legno erano divenuti pura struttura del vino, arrotondandosi e lasciando l’asprezza). Il Brunello appena uscito (5 anni di disciplinare, 4 anni e un paio di mesi reali) non mi piaceva, con un anno in più cambiava poco, con due anni extra molto meglio.
    Vabbè, e poi ovviamente impazzivo per il Moscadello di Montalcino, ma qui siamo sui vini bianchi da dolce che è un altro ambito. Per me l’uva moscato è una passione, è così aromatica, perfetta per prodotti ruffiani adatti a chi non capisce nulla di vino e per gente con gusti ottocenteschi come me, non posso farci niente: se bevo qualcosa che mi piace TANTO all’istante, è regolarmente fatta con un qualche moscato! XD

  13. Abbiamo brindato col Gancia, era in omaggio nella confezione del Pandoro. 😛
    Però ci hanno portato un Villa Bernardi che non avevo mai sentito.
    Speriamo ci sia un buon Asti Martini al pranzo di oggi.
    Auguri Duca. ^^

  14. Piccola rettifica all’articolo.
    Ho aperto un Sigillo Blu Martini oggi e ho finito ieri sera il Moscato La Versa (l’ho tenuto aperto più del dovuto per testare bene la schiuma a circa 60 ore dall’apertura ed è stato un bel vedere, poi aggiungerò il video).
    Avendo bene in mente il ricordo del sapore del La Versa, posso dire che il meraviglioso sentore agrumato forse mi piace più dell’intrigante nota amarognola finale del Martini. Bella sfida, direi che il Martini non vince più nella mia preferenza personale: sono in pari.

  15. Io apprezzo molto il Clinton per motivi che credo esulino dal semplice sapore intrinseco. è stato il vino di famiglia da sempre e quindi il suo sapore mi riporta a quando mio padre mi insegnava come pigiare l’uva, come separare il mosto dalle vinacce, quali norme della fisica e della chimica si applicano alla distillazione della grappa ecc. Ho imparato meglio le formule scientifiche e le relazioni tra gli elementi naturali così che a scuola. Se dovessi dire un profumo che caratterizza la mia vita, di sicuro sarebbe quello del Clinton, un pò come per il critico gastronomico Anton Ego con la ratatouille niçoise.
    Detto questo, molti vengono influenzati dall’hype (termine gay per aspettativa) che si forma intorno a questo prodotto. Il fatto che sia un frutto proibito e che ne siano rimasti pochi esemplari, forza il giudizio dell’uomo comune, che mangia roba come tartufi e caviale non perchè siano effettivamente buoni (a me fanno schifo) ma perchè sono costosi.
    Difficile è rimanere neutrali e imparziali di fronte a ciò che riguarda il gusto (parziale per definizione), ma sono certo che tu riuscirai a non farti influenzare dal pubblico.
    😉 <– (faccina che odio e che spesso trovo nei messaggi dei leccaculo che esprime il concetto del "questa è geniale, la capiamo solo io e te, gne gne gne").
    Buon Natale a tutti.

  16. Che ne pensi della birra aromatizzata allo zenzero?

    Alcune Indian Pale Ale (le birre inglesi originariamente prodotte per le truppe coloniali in India) sono aromatizzate con arancia, zenzero ed altre spezie. Anche molte Birre di Natale sono aromatizzate con zenzero, ma a priori è difficile sapere esattamente cosa c’è dentro. Entrambe si dovrebbero trovare facilmente nell’enoteche più fornite.. Se per birra allo zenzero intendi la “ginger ale” soft drink quasi analcolica, la puoi trovare facilmente in alcuni negozi di altromercato. Se invece intendi l’originale “Ginger Beer” prodotta con un lievito particolare (ho letto che è praticamente una simbiosi tra un fungo e una coltura batterica) e con gradazione alcolica prossima a 11° (!!), credo che sia quasi introvabile in italia e difficilmente anche in UK. Io non l’ho mai assaggiata (sigh…). Comunemente oramai si producono quasi solamente Ginger Ale spacciate, anche nella confezione come Ginger beer.

  17. Da totale ignorante in vini (non conosco metà delle parole usate dell’articolo) non commento il Duca ma lo ringrazio caso mai l’etichetta mi imponesse di regalare un vino.
    In compenso la birra alla banana l’ho provata (e anche tante altre: al cioccolato, al cocco, al mango, birre giapponesi e cinesi etc.) è non è malaccio, dall’africa vengono un sacco di birre strane, da provare almeno una volta.

  18. Duca… Che sorpresona. Era un po’ che non lurkavo il tuo blog, e mi trovo questa chicca (insieme a quella dopo dei prezzi dei pranzi di natale del 1800)… però ti faccio due appunti: il primo è che, non so se gusto mio o perchè ho avuto sempre un po’ di sfiga, il Nero D’avola non l’ho mai trovato così eccezionale, anzi, spesse volte è stato causa di mal di testa decisamente poco incoraggianti sulla qualità. Sono disposto a provare anche la cantina che citi, ma onestamente, il Nero D’Avola mi stuzzica poco assai (chiamami snob, ma io i vini li cerco su in trentino/friuli o nel veronese 😛 – ah, come inciso, se capiti da quelle parti, ti consiglio la cantina di Lavis, mia meta di pellegrinaggio ogni volta che passo da Trento :P). Il secondo riguarda gli spumanti: capisco che dolce fa Natale, però almeno uno o due brut o prosecchi potevi consigliarli… questione di gusti, ma ad esempio, io preferisco sempre il brut o il prosecco al dolce (a parte uno spumantino dolce che assaggiai anni fa e che non ho più ritrovato, sfiga dei prodotti artigiani :P)…

  19. Ho dei brut decenti e un demisec di cui parlare, e un pas dosé di Villa tecnicamente validissimo (ma a me non piace come genere, sono contento però di averne potuto apprezzare comunque l’estrema eleganza anche se non lo ricomprerò per problemi di gusti personali), e ne parlerò in futuro. Ah, e un Satèn DIVINO parzialmente da vino barricato provato al wine bar. In realtà due Satèn molto buoni, ma del primo non ho scritto appunti e ormai ho dimenticato i dettagli… sigh…
    Vorrei fare degli articoli tematici con un filo conduttore, se riesco: ora tre dolci solo Moscato, poi solo prodotti molto economici (e intendo davvero MOLTO economici!), poi magari rosé in salita di prezzo (5-11-24 + moscato dolce bonus) ecc…
    Mal di testa dovrebbe significare troppi solfiti. Non so dirti come sia messo il Rapitalà perché sfortunatamente io bevo poco, mal che vada due bicchieri in una volta se proprio voglio strafare, di norma un calice solo da 20 cl circa. Con dosì così modeste non ho mai bevuto prodotti che mi abbiano dato fastidio…
    Sono contento che i nuovi articoli ti piacciano, ma per quelli sul vino prendi con le pinze tutto ciò che dico perché sono cose difficili e ho poca esperienza, soprattutto le bollicine sono ancora più difficili, per cui cerco di dare un parere comprensibile, ma ovviamente delle cose assaggiando mi sfuggono o non so distinguerle/spiegarle anche se sento un qualcosa in più (ho impiegato un po’ a distinguere la nota agrumata del La Versa, ed ero molto incerto se stavo prendendo una cosa per un’altra finché non ho trovato conferma presso un altro appassionato).

  20. Preciso che ho segnalato per comodità il Nero d’Avola di Rapitalà perché si trova ovunque, costa relativamente poco (4,90 euro all’Iper di Orio) ma non troppo poco, ed è un tipo di vino che sta conquistando sempre più mercato, per cui pare piacere abbastanza.
    Se uno però può acchiappare un bel Valcalepio rosso (che a me personalmente, dopo aver assaggiato una verticale di annate, non piace molto… a parte quelli con qualche annetto in più di maturazione), è un bel taglio bordolese alla bergamasca (quindi una bella fetta di morbidoso Merlot a smorzare i tannini complessivi) che merita una prova.

  21. Oh, beh, se è per questo nemmeno io sono un esperto in queste cose, ma siccome mi piace il tuo stile e soprattutto riesci a spiegare i sapori senza ricorrere a cose come “retrogusto di topo muschiato stagionato” o “sapore di alcantara bagnato”, seguirò queste rubriche. Non avevo intuito che lo facessi a settori, in ogni caso sta bene. Non so, credo di essere uno dei pochi a cui il nero d’avola non va giù volentieri. Comunque attendo fremente che ti dedichi ai vini nordici, vichingamente virili (o virilmente vichinghi, fai tu :D).

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